Lettera a Benedetto Castelli
Oggi, 30 Ottobre 2014, siamo andati nella biblioteca dell'istituto per consultare le opere di Galileo Galilei che sono presenti nelle edizioni Barbera del 1932.
Nel volume V, pp. 282-288 abbiamo preso in esame una lettera scritta da Galileo Galilei al monaco Benedetto Castelli, matematico e fisico.
I nostri commenti...
In questa lettera Galileo cerca di trovare un compromesso tra i dogmi della chiesa e la teoria copernicana. Secondo lui, infatti, queste due visioni del mondo non sono in contraddizione tra loro, ma possono essere accettate entrambe, a patto che la Bibba venga utilizzata come libro di fede e non come libro di scienza. Sia le Sacre Scritture sia la Scienza possono essere accettate perché entrambe derivano dal “Verbo divino”; mentre una deve essere adattata alla capacità di comprensione delle persone più umili, l’altra segue le sue proprie leggi e quindi hanno due diverse finalità: la Scienza attraverso il metodo sperimentale (basato cioè sulle sensate esperienze e necessarie dimostrazioni) ci descrive la realtà così com’è, mentre invece la Bibbia ci descrive il percorso interiore da seguire per raggiungere il cielo.
In conclusione, Galileo non rifiuta ciò che è scritto nelle sacre scritture e dice che probabilmente è sbagliata l’interpretazione che ne hanno fatto per adattarla alla gente comune e quindi persiste nell’affermare la validità della teoria copernicana.
Carlo Nuvole
Nella lettera a Benedetto Castelli, Galilei esprime il suo punto di vista sulla differenza tra sacre scritture e scienza. Galileo sostiene l'assoluta verità della Bibbia, ma dice anche che talvolta i testi sacri non debbano essere interpretati alla lettera. Infatti la Bibbia deve essere considerata come un testo che contiene la verità della fede, non quella della natura. Inoltre sostiene che sia la Bibbia che la natura derivino da Dio e proprio per questo non possono contraddirsi. Perciò spetta a chi la legge fare una distinzione fra le due e capirle entrambe. Afferma questo concetto nella conclusione, nella quale cita il decreto del Concilio di Trento, secondo il quale la Chiesa deve occuparsi soltanto di fede e morale, non di scienza.
Alessia Panai
Nella lettera si possono individuare quattro parti:
- Galileo approva quanto detto dalla Granduchessa, ovvero che la scrittura sacra può mentire o errare;
- Spiega perchè la Bibbia non debba essere presa alla lettera in ambito scientifico;
- Galileo afferma la superiorità della scienza per quanto riguarda le verità naturali;
- Galileo precisa che le verità di scienza e fede, entrambe legittime, appartengono ad ambiti distinti;
Anche se la comprensione del testo può risultare difficile, traspare che le Lettere Copernicane sono un ottimo mezzo per indigare sul rapporto tra scienza e fede. Esse si trovano spesso in conflitto, ma nessuna delle due è capace di smentire l'altra.
Serena Mura
Nella lettera a Benedetto Castelli Galileo Galilei ha l'occasione di esprimere i rapporti tra scienza e sacre scritture: nonostante la Bibbia non possa sbagliare, possono però errare i suoi interpreti nell'intendere il suo significato, in quanto secondo lui non bisogna prendere alla lettera il testo biblico.Le sacre scritture e la scienza derivano entrambe da Dio, e sono entrambe valide, per cui non possono entrare in contrasto. La bibbia dev'essere percepita con un linguaggio più semplice dalle persone meno istruite, mentre va analizzata più approfonditamente dagli scienziati. Galileo distinse la verità di fede, oggetto degli studi dei teologi; da quella di scienza, oggetto dello studio degli scienziati, scritta attraverso un linguaggio matematico nel grande libro dell'universo, con caratteri che sono propri della matematica e della geometria.
Laura Dasara
Nella lettera a Benedetto Castelli, Galileo spiega la propria idea in merito ai rapporti tra la Bibbia e la scienza. In questa lettera sostiene infatti che la Chiesa dovrebbe occuparsi unicamente delle faccende riguardanti la morale, La scienza degli studi matematici e fisici, e non possono avere alcun tipo di legame. Questa epistola scritta dallo scienzato-filosofo risulta essere una risposta alla lettera inviatagli in prededenza dallo stesso Benedetto, il quale raccontava di essere rimasto colpito durante un pranzo dall'opinione della Granduschessa Cristina di Lorena, con la quale aveva discusso di tematiche inerenti il rapporto tra scienza e fede.
Enrico Desole
Galileo scrisse questa lettera al suo discepolo Benedetto Castelli, per esprimere le proprie riflessioni inerenti il rapporto tra scienza e fede e il ruolo che queste due realtà dovrebbero avere. Egli spiega infatti che la Bibbia, in quanto dettata da Dio non può mentire, ma essendo stata scritta ed interpretata da esseri umani, dunque soggetti allo sbaglio, bisogna riflettere attentamente su quanto vi è scritto piuttosto che prendere tutto alla lettera. Galileo sostiene che la Chiesa debba occuparsi di come si arriva in cielo, non di come esso sia strutturato: dunque secondo lui scienza e fede agiscono in due ambiti diversi, e perciò devono essere chiaramente distinte ma, provenendo entrambe da Dio, sono tutt'e due vere, senza peraltro dovere entrare in contrasto.
Antonio Francesco Zirattu
Nella lettera a Benedetto Castelli lo scienziato spiega e auspica la divisione tra scienza e religione. Galileo non si astiene dal criticare la Chiesa, che secondo lui erroneamente chiude le porte a qualsiasi opportunità di rinnovarsi e innovarsi, tenendo come unica verità quella della Bibbia. In particolare pone l'accento sul fatto che non si debba interpretarla alla lettera, poichè è stata scritta sì sotto la dettature dello Spirito Santo, ma il fine non era la divulgazione scientifica. Galileo cerca di colmare il vuoto creato dalle antiche teorie aristoteliche e delle Sacre Scritture, ormai obsolete e superate. La novità sta nello sperimentare e, sopratutto, dimostrare le proprie teorie attraverso un ragionamento deduttivo, non più affidandosi alla dottrina cattolica, che deve dare soltanto un'interpretazione meramente simbolica e soggettiva della realtà.
Pietro Fadda